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Da qualche tempo sto approfondendo l’argomento del web marketing e della internazionalizzazione delle PMI, soprattutto perché, essendo le risorse di queste aziende più limitate, molte volte esse non hanno modo di rivolgersi ad agenzie specializzate con sede nel paese target.

Fino a pochi anni fa, avere un sito bilingue era sufficiente, e qualche incaricato della comunicazione aziendale si accontentava di produrre traduzioni “fatte in casa” (spesso anche copiando intere frasi dai concorrenti). Oggi la situazione è molto diversa, perché non abbiamo bisogno solo di una corretta traduzione in lingua, fatta da un madrelingua. Adesso abbiamo anche bisogno di localizzare i contenuti.

Ma che cosa intendo esattamente con “localizzazione” dei contenuti? Se eravamo abituati a tradurre uno stesso argomento nella diverse lingue del sito, ora questo non è più sufficiente. Gli utenti della Spagna, vorranno anche leggere di temi vicini a loro, e quelli del Sud America vorranno sentirsi protagonisti della storia che l’azienda racconta.

Prendiamo un caso pratico nel settore del vino. Se lavoro su un piano editoriale normalmente guidato dalle stagioni dell’anno in Italia, allora posso adattarlo bene al resto dell’Europa e agli Stati Uniti, o anche al Messico. Magari scelgo di parlare della gamma di vini bianchi, rosati e spumanti, che vanno benissimo con l’idea di spiaggia, o di una pausa dopo un giornata calda di lavoro.

Ma se voglio rivolgermi ai miei clienti che vivono nell’emisfero meridionale? L’immagine del calice di Vermentino fresco in spiaggia, probabilmente, non inviterà il mio cliente dell’Uruguay, coperto con la sciarpa e il capotto, per esempio, a prendere dallo scaffale del negozio il vino che propongo, ammesso che già si trovi in commercio da quelle parti.

Inoltre, in ogni paese esistono “frasi idiomatiche” che possono contribuire ad avvicinare il prodotto al cliente, e che ci permettono di parlare con un tono più rilassato e amichevole, ma sempre rispettoso, e più adatto al linguaggio dei social media. Avevi mai pensato a questi aspetti?

Bisogna dunque iniziare a costruire una rete di professionisti con cui collaborare e pianificare con tempo la strategia comunicativa. E non dimentichiamoci di avere pazienza e sentire cosa ci rispondono i nostri fan, in modo da poter correggere e orientare i nostri sforzi. In un certo senso, solo a questo punto potremo dire che buona parte del “gioco” sarà fatto!

Da qualche tempo sto approfondendo l’argomento del web marketing e della internazionalizzazione delle PMI, soprattutto perché, essendo le risorse di queste aziende più limitate, molte volte esse non hanno modo di rivolgersi ad agenzie specializzate con sede nel paese target.

Fino a pochi anni fa, avere un sito bilingue era sufficiente, e qualche incaricato della comunicazione aziendale si accontentava di produrre traduzioni “fatte in casa” (spesso anche copiando intere frasi dai concorrenti). Oggi la situazione è molto diversa, perché non abbiamo bisogno solo di una corretta traduzione in lingua, fatta da un madrelingua. Adesso abbiamo anche bisogno di localizzare i contenuti.

Ma che cosa intendo esattamente con “localizzazione” dei contenuti? Se eravamo abituati a tradurre uno stesso argomento nella diverse lingue del sito, ora questo non è più sufficiente. Gli utenti della Spagna, vorranno anche leggere di temi vicini a loro, e quelli del Sud America vorranno sentirsi protagonisti della storia che l’azienda racconta.

Prendiamo un caso pratico nel settore del vino. Se lavoro su un piano editoriale normalmente guidato dalle stagioni dell’anno in Italia, allora posso adattarlo bene al resto dell’Europa e agli Stati Uniti, o anche al Messico. Magari scelgo di parlare della gamma di vini bianchi, rosati e spumanti, che vanno benissimo con l’idea di spiaggia, o di una pausa dopo un giornata calda di lavoro.

Ma se voglio rivolgermi ai miei clienti che vivono nell’emisfero meridionale? L’immagine del calice di Vermentino fresco in spiaggia, probabilmente, non inviterà il mio cliente dell’Uruguay, coperto con la sciarpa e il capotto, per esempio, a prendere dallo scaffale del negozio il vino che propongo, ammesso che già si trovi in commercio da quelle parti.

Inoltre, in ogni paese esistono “frasi idiomatiche” che possono contribuire ad avvicinare il prodotto al cliente, e che ci permettono di parlare con un tono più rilassato e amichevole, ma sempre rispettoso, e più adatto al linguaggio dei social media. Avevi mai pensato a questi aspetti?

Bisogna dunque iniziare a costruire una rete di professionisti con cui collaborare e pianificare con tempo la strategia comunicativa. E non dimentichiamoci di avere pazienza e sentire cosa ci rispondono i nostri fan, in modo da poter correggere e orientare i nostri sforzi. In un certo senso, solo a questo punto potremo dire che buona parte del “gioco” sarà fatto!

Da qualche tempo sto approfondendo l’argomento del web marketing e della internazionalizzazione delle PMI, soprattutto perché, essendo le risorse di queste aziende più limitate, molte volte esse non hanno modo di rivolgersi ad agenzie specializzate con sede nel paese target.

Fino a pochi anni fa, avere un sito bilingue era sufficiente, e qualche incaricato della comunicazione aziendale si accontentava di produrre traduzioni “fatte in casa” (spesso anche copiando intere frasi dai concorrenti). Oggi la situazione è molto diversa, perché non abbiamo bisogno solo di una corretta traduzione in lingua, fatta da un madrelingua. Adesso abbiamo anche bisogno di localizzare i contenuti.

Ma che cosa intendo esattamente con “localizzazione” dei contenuti? Se eravamo abituati a tradurre uno stesso argomento nella diverse lingue del sito, ora questo non è più sufficiente. Gli utenti della Spagna, vorranno anche leggere di temi vicini a loro, e quelli del Sud America vorranno sentirsi protagonisti della storia che l’azienda racconta.

Prendiamo un caso pratico nel settore del vino. Se lavoro su un piano editoriale normalmente guidato dalle stagioni dell’anno in Italia, allora posso adattarlo bene al resto dell’Europa e agli Stati Uniti, o anche al Messico. Magari scelgo di parlare della gamma di vini bianchi, rosati e spumanti, che vanno benissimo con l’idea di spiaggia, o di una pausa dopo un giornata calda di lavoro.

Ma se voglio rivolgermi ai miei clienti che vivono nell’emisfero meridionale? L’immagine del calice di Vermentino fresco in spiaggia, probabilmente, non inviterà il mio cliente dell’Uruguay, coperto con la sciarpa e il capotto, per esempio, a prendere dallo scaffale del negozio il vino che propongo, ammesso che già si trovi in commercio da quelle parti.

Inoltre, in ogni paese esistono “frasi idiomatiche” che possono contribuire ad avvicinare il prodotto al cliente, e che ci permettono di parlare con un tono più rilassato e amichevole, ma sempre rispettoso, e più adatto al linguaggio dei social media. Avevi mai pensato a questi aspetti?

Bisogna dunque iniziare a costruire una rete di professionisti con cui collaborare e pianificare con tempo la strategia comunicativa. E non dimentichiamoci di avere pazienza e sentire cosa ci rispondono i nostri fan, in modo da poter correggere e orientare i nostri sforzi. In un certo senso, solo a questo punto potremo dire che buona parte del “gioco” sarà fatto!